Introduzione
Anche i terapeuti sbagliano. O per meglio dire, anche gli adulti commettono errori. Questo articolo trae spunto da un mio giovane paziente che tempo fa mi comunicò improvvisamente che non sarebbe più venuto in terapia. Questo ragazzo arrivò da me sulla scia di un’urgenza da parte dei genitori, preoccupati per il suo benessere ma anche per la sua stessa vita. Mi ero fatta l’idea che avrei trovato un ragazzo timido, impacciato, isolato, triste e “vuoto”. Invece ho avuto modo di ricredermi: questo giovane paziente non solo non era “vuoto” ma aveva molto da dire, nonostante un primo imbarazzo di farlo di fronte ad una sconosciuta. È passato del tempo ormai da quando le nostre strade si sono divise, ma questo incontro mi ha dato ancora una volta modo di riflettere su quanto ricco sia il mondo degli adolescenti e quanto sia complesso comprenderlo ed averne accesso.
Gli adolescenti hanno molto da dire e, soprattutto, sanno pensare.
La tecnologia non aiuta in questo. Oggi i contenuti tecnologici e social disponibili spesso non permettono molto di “allenare il pensiero”: tutto è talmente veloce, e a volte superficiale, che lo strumento multimediale diventa un passatempo unidirezionale. Mi capita spesso di rapportarmi con ragazzi che usano piattaforme come Tik Tok soltanto per guardare una quantità infinita di video di qualsiasi tipo, senza conoscerne gli autori e senza creare loro stessi dei contenuti da postare. Alcuni ragazzi preadolescenti alle prime esperienze sentimentali si fidanzano tramite Facebook senza conoscersi nè vedersi di persona e, cosa ancor più bizzarra, spesso non ne sentono neanche il bisogno.
Sembrerebbe che gli adolescenti oggi utilizzino lo schermo del cellulare o del pc per “schermarsi” anche loro dal dover gestire tutta l’altalena emotiva e le incertezze che questo periodo di sviluppo comportano.
COSTRUIRE L’IDENTITÀ IN UNA SOCIETÀ LIQUIDA
Nel mio articolo “L’adolescenza trasformata: il cambiamento dell’adolescenza ai tempi della pandemia” ho affrontato il tema dei compiti di sviluppo che i ragazzi sono chiamati a superare per poter costruire la propria identità. L’Identità può essere definita come un sistema dinamico costituito da più dimensioni dove gli aspetti biologici, le esperienze personali e gli ambienti di vita familiari sociali e culturali concorrono a dare significato e continuità alla propria esistenza (Palmonari, 1997; Kroger, 1996).
L’identità è ciò che ci fa avere la sensazione di essere sempre noi stessi nel tempo che scorre.
La costruzione dell’identità è qualcosa che diventa possibile grazie all’attivazione di tre processi importanti, ovvero: l’acquisizione della consapevolezza, l’attribuzione di significati alle esperienze e la costruzione di nuove rappresentazioni di sé che andranno via via integrate in una visione di sé e di sé in rapporto con l’altro che sia coerente e unitaria.
La costruzione identitaria avviene attraverso il superamento di alcuni compiti di sviluppo che, nell’ottica in cui li mette in luce Pietropolli Charmet (2003), permetterebbero ai ragazzi di dare un senso alle esperienze che vivono.
Fermarsi a “pensare”, dunque, è un’attività essenziale perché consente agli adolescenti di riflettere su tutti gli avvenimenti della propria vita (positivi e negativi) e cercare quindi di dar loro un significato.
La società sempre più veloce ed i molteplici stimoli che essa offre in modo sempre più accelerato possono mettere in crisi questa possibilità di pensiero.
Il sociologo Bauman (2000) descrive tale accelerazione culturale nei termini di liquidità: ossia una società in cui le esperienze personali e relazionali si delineano con caratteristiche che si vanno strutturando e destrutturando continuamente in modo incerto, fluido appunto, e rapido.
In una società in continuo mutamento il rischio è che, accanto alla necessità di omologarsi e appartenere a qualcosa, gli adolescenti possano trovarsi anche di fronte a così tante strade perseguibili da non saper più quale passo fare.
Lo psicologo Schwartz (2009) parla di questa situazione come di una situazione tirannica della scelta: avere tante possibilità può spingere le persone a valutare così attentamente e scrupolosamente tutte le alternative possibili al punto di sentirsi poi in preda all’ansia della scelta, restando immobili per paura di sbagliare.
La velocità e la numerosità di stimoli possono quindi portare i ragazzi a sentirsi sommersi di input che non riescono a gestire.
Di fronte ai numerosi input della società liquida gli adolescenti possono andare incontro a delle difficoltà nel gestire questi stimoli e di conseguenza:
– scegliere di ritirarsi: quando l’adolescente si sente sopraffatto dagli stimoli e ritiene di non avere sufficienti risorse per poterli gestire;
– immettersi in modo confuso e senza pensiero in ogni tipo di esperienza: ovvero fruire in modo passivo di ogni stimolo che la società offre.
IDENTITÀ VIRUTALE VS IDENTITÀ REALE
Fermarsi a pensare e individuarsi come persone non è facile per i ragazzi.
Lo schermo virtuale diventa uno schermo simbolico attraverso il quale mettere un freno non solo al mondo esterno ricco di stimoli sfidanti, ma anche alle potenti emozioni che gli adolescenti vivono e da cui rischiano di essere sopraffatti se non sviluppano delle competenze per imparare a gestirle.
Con lo sviluppo sempre più ampio delle tecnologie oggi si vive in un’epoca di “always on” (Turkle, 2011, p. 151) in cui si è costantemente in stato di accesso o connessione alla rete.
Questa condizione conduce gli adolescenti ad un’accessibilità perenne al mondo virtuale che rischia di portarli a vivere ogni forma di sperimentazione prettamente online. Ciò può condurre alla creazione di una vera e propria identità virtuale. Essa può essere definita allo stesso modo dell’identità reale, con la differenza che la costruzione di quella virtuale avviene nel mondo online e secondo tempi e modalità che non portano il ragazzo a sperimentare esperienze concrete. A tal proposito, Nagy e Koles (2014) hanno costruito un modello di identità virtuale che possiede elementi importanti anche per lo sviluppo dell’identità reale come ad esempio: la creazione di confini personali, la ricerca di un senso di coerenza ed unità personale, la scelta di valori e credenze rappresentative di sé ed il senso di appartenenza al gruppo.
Oggi non possiamo ignorare l’importanza e la presenza della tecnologia nella nostra quotidianità, né possiamo pensare di eliminarla o ridurla dalla vita dei ragazzi. Non è importante tanto quanto viene utilizzata, ma piuttosto come essa impatta nella vita dei ragazzi.
Durante la costruzione identitaria degli adolescenti che usufruiscono del mondo virtuale possono verificarsi due situazioni:
– l’identità virtuale diventa “un’estensione” di quella reale: questo si verifica nel caso in cui l’adolescente utilizzi la rete come passatempo e come contesto in cui sperimentare se stesso partecipandovi con tutte le sue caratteristiche che lo rappresentano anche nel suo ambiente di vita;
– l’identità virtuale come sostituzione di quella reale: in questo caso l’identità virtuale diventa una costruzione artificiosa di ciò che si vorrebbe essere nel proprio contesto di vita ma che non si ritiene possibile.
È in questo secondo caso che la rete diventa dannosa per i giovani, poiché non permette loro di costruire se stessi in modo autentico, né di imparare a gestire le frustrazioni o la delusione di non poter costruire un’immagine di se stessi perfetta.
Secondo Matviyenko (2010) il mondo digitale permette ai fruitori di creare a proprio piacimento un’identità. È questo l’aspetto allettante che può spingere i ragazzi a creare un avatar personale poiché permette di creare una versione di sé senza troppi sforzi.
Gli sforzi, le piccole frustrazioni, le sperimentazioni sono invece aspetti fondamentali nello sviluppo identitario, nella costruzione della propria autonomia e della propria autostima, proprio perché permettono ai ragazzi di sentirsi capaci e competenti. Se gli adolescenti non si mettono alla prova non hanno modo di fare esperienza su quali risorse possono avere, su quali ostacoli voler superare o su quando e dove possono avere bisogno di aiuto.
E SE SI HA BISOGNO DI AIUTO?
Quando scrivo sul tema “adolescenza” non so mai chi mi leggerà perché è un universo così ricco che a chiedermi aiuto sono sia i ragazzi, sia i genitori che gli insegnanti dei ragazzi stessi. Quindi ho voluto differenziare i paragrafi finali dell’articolo in modo da cercare di essere di aiuto a chiunque si trovi ad affrontare una difficoltà dovuta ad uno “schermo”.
SUPERARE LA CRISI ADOLESCENZIALE: CONSIGLI UTILI PER I RAGAZZI
Anche noi adulti siamo stati adolescenti, eppure di fronte ai giovani siamo spesso colpiti come se il mondo adolescenziale fosse un universo misterioso. Noi adulti e adolescenti a volte ci guardiamo reciprocamente come fossimo dei marziani! In realtà, nel mio studio, quando arrivano i ragazzi rimango sempre sorpresa dalla ricchezza che possiedono e mi colpisce come spesso il mondo fuori dalla poltrona di analisi non li conosca in modo così ricco come ho il privilegio di osservarli io. Questo dipende forse dal fatto che nel proprio ambiente di vita si ha il timore di essere giudicati, di sentirsi inferiori e di non sentirsi capiti.
A volte esporsi e dire la propria opinione può far provare un senso di imbarazzo, vergogna … ma è in realtà proprio grazie a questo esporsi che può venire fuori il meglio di voi, potete farvi conoscere e potete farvi apprezzare per ciò che siete.
Ricordate sempre che tutti voi ragazzi siete “sulla stessa barca” e che anche chi si mostra più spavaldo e sicuro porta con sè le proprie sfide e le proprie paure. Questo sapere di essere tutti alle prese nella ricerca della propria strada di vita può aiutarvi ad abbassare lo schermo ed affacciarvi al mondo senza paura.
SUPERARE LA CRISI ADOLESCENZIALE: CONSIGLI UTILI PER GLI ADULTI
Ho notato negli anni che quanto più ascoltiamo i ragazzi con autentico interesse tanto più loro saranno disponibili a raccontarsi e a considerare l’adulto come un punto di riferimento a cui rivolgersi in caso di difficoltà.
Cosa rende questo ascolto così difficile? Il fatto che spesso rischiamo di sostituirci ai ragazzi pensando di sapere cosa sia meglio per loro. Questo ci porta al rischio di scegliere per loro e al loro posto.
Accogliere i giovani significa ascoltarli e rispettarli per quello che sono e per ciò che vogliono diventare.
Sembra un suggerimento banale, ma è un esercizio difficilissimo.
Essere dalla parte degli adolescenti ripaga sempre: se si sentono accettati per come sono avranno anche meno bisogno di mandare delle richieste di aiuto in modo indiretto (attraverso dei comportamenti a rischio ad esempio).
CONCLUSIONI
Crescere e costruirsi come persone nella propria unicità significa avere e aver avuto nel proprio ambiente di vita un contesto “sicuro” in cui sperimentarsi e in cui sentire di potersi esporre, farsi conoscere e condividere le proprie idee.
La prima risorsa da poter mettere in campo è la curiosità verso il mondo multicolore dei ragazzi perchè questo mondo vale la pena di essere attraversato.
Riferimenti bibliografici
Bauman Z. (2000), Liquid Modernity, Polity Press, Cambridge, UK;
Kroger J. (2007), Identity development: Adolescence through adulthood, Sage Publications, London;
Nagy P., Koles B. (2014), The digital transformation of human identity: towards a conceptual model of virtual identity in virtual worlds, Convegence – The International Journal of Research into New Media Technologies, pp. 1-17;
Palmonari A. (1997), Identità, concetto di sé e compiti di sviluppo, in A. Palmonari (a cura di), Psicologia dell’adolescenza, Il Mulino, Bologna, pp. 45-89;
Pietropolli Charmet G. (2003), La consultazione con l’adolescente oggi: dialogo su teoria e metodo, Ricerca Psicoanalitica, XIV, 2, pp. 121-140;
Schwartz B. (2009), The paradox of choiche: why more is less, Perennial Editor, New York, NYC;
Turkle S. (2011), Alone together. Why We Expect More from Technology and Less from Each Other, Basic Books, New York, NY.